Logopedia per bambini e ragazzi
L’articolo 4 del codice deontologico cita: Le finalità della logopedia sono l’appropriatezza e la qualità della tutela della salute nella persona nella sua dimensione bio-psico-sociale, affinché possa impegnare qualunque mezzo comunicativo a sua disposizione in condizioni fisiologiche.
LA LOGOPEDIA
Per spiegarvi chi è il logopedista prendo in prestito queste poche righe prodotte dalla dott.ssa T. Rossetto, presidente della Federazione Logopedisti italiani.
Il Logopedista è il professionista che esercita nei confronti dei singoli individui e della collettività attività dirette alla prevenzione, alla cura, alla riabilitazione e alle procedure di valutazione funzionale delle patologie del Linguaggio e della Comunicazione umana in età evolutiva, adulta e geriatrica. L’attività del Logopedista è volta all’educazione e alla rieducazione di tutte le patologie che provocano disturbi della voce, della parola, del linguaggio orale e scritto e degli handicap comunicativi.
Io, in particolare, mi occupo di disturbi di linguaggio e della comunicazione, disturbi dell’apprendimento, balbuzie e deglutizioni disfunzionali.
Spesso ci immaginiamo che il logopedista sia colui che insegna a parlare e “aggiusta” il linguaggio dei bambini o che, con un ciclo di sedute, ripari i meccanismi inceppati della lettura e della scrittura. Sì, è vero noi logopedisti siamo i professionisti esperti di linguaggio, orale e scritto, e di comunicazione, ma affinché sia possibile un miglioramento, credo sia indispensabile che, nella quotidianità, le persone più vicine al bambino (genitori, nonni, zii, care-giver) siano proattivi come facilitatori di comunicazione, di cambiamento e di salute del proprio piccolo. Oltre alla partecipazione nel proporre attività giornaliere in ambiente domestico, necessarie per il raggiungimento degli obiettivi, reputo sia necessario accogliere le fatiche del nostro bimbo, provando a metterci nei suoi panni, come se il suo mondo per una attimo divenisse il nostro. Allora potremo cominciare a capire perché si comporta così, come mai non ha voglia di studiare, come mai piange e urla dinanzi ai compiti o parole dette e non capite dall’adulto, inizieremo a sentire come lui si sente e a comprendere come il “capriccio” che osserviamo possa essere tradotto in altro.
E se iniziassimo, quindi, a parlare di fatica? E se iniziassimo a chiamarlo bisogno?


“Il terapeuta diventa levatrice del cambiamento
e non colui che lo genera”.
(Rogers, 1978)
Se il nostro piccolo non parla, non vuole leggere, fa il diavolo a quattro perché non vuole scrivere, dà di matto pur di non far di conto, pronuncia male le parole, s’inceppa durante i discorsi ripetendo le sillabe o le parole, potremmo cominciare a pensare che non lo sta facendo apposta, ma che sta semplicemente facendo ciò che è in grado di fare, quello che riesce a dire in quel preciso momento.
E allora il nostro bambino si potrà sentire accolto, compreso e potrà diventare libero di apprendere. Avremo in questo modo posto le basi anche per poter impostare un percorso di potenziamento logopedico efficace, avendo preparato un terreno fertile per il miglioramento del nostro bambino.
Il punto di partenza del logopedista, quindi, non sarà primariamente quello di dare “far parlare il bambino” o “far leggere” , ma di creare un clima di rispetto e di accettazione che escluda la minacciosità dei giudizi e rinunci all’uso del potere e che ponga il terreno fertile affinché il bambino possa apprendere. Allora sì che il logopedista potrà, sulla base della sua formazione tecnica e specifica, offrire un potenziamento efficace. In ultimo, ma non meno importante, nel setting logopedico, credo che debba essere il terapista a centrarsi sul bambino e non il bambino adeguarsi agli strumenti del logopedista. Ogni bambino è unico e diverso e necessita di un percorso su misura per lui!
E imparare a cambiare il nostro modo di guardare le cose!
DI COSA MI OCCUPO
Mi occupo di effettuare valutazioni e percorsi terapeutici con bambini/ ragazzi che presentano:
Prevedo sempre un primo colloquio conoscitivo; raccontarmi e spiegarmi ciò che sta accadendo al tuo bimbo e le tue preoccupazioni è il punto di partenza. Il primo incontro è una parte fondamentale del mio lavoro, non è possibile bypassarlo; per lavorare con il tuo bambino ho necessità che anche tu genitore sia ingaggiato in prima persona e, quindi, ho bisogno di conoscerti e del tuo prezioso contributo!